Gay & Bisex
Il personal trainer _ cap 7
di Beat
01.12.2022 |
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"Più volte gli proposi di vederci, ricevendo sempre risposte entusiaste ma che non si concretizzarono mai in un incontro..."
Il grande tiglio nel giardino condominiale mise in mostra tutte le sue foglie verdi e alcuni condomini appesero ai suoi rami delle lanterne per cenare sotto il grande albero e sfuggire dalla calura delle mura domestiche del mese di agosto. Dopo quella disastrosa colazione insieme, i rapporti tra me e Carlo finirono con l'essere ridotti a qualche messaggio sporadico a cui Carlo rispose sempre in maniera piuttosto superficiale. Più volte gli proposi di vederci, ricevendo sempre risposte entusiaste ma che non si concretizzarono mai in un incontro.
In quel periodo sentii il bisogno di confrontarmi con lui su quanto successo quella notte in cui la passione ci travolse e i nostri corpi si incontrarono, ma non ebbi il coraggio di affrontare la cosa per messaggio.
La situazione mi portò molta tristezza, che si unì a quella per la perdita del lavoro, tanto che persi diverso peso in poco tempo.
Non riuscii a beccare Carlo nemmeno in palestra, visto che la struttura chiuse per le ferie di agosto e avrebbe riaperto i battenti solo qualche giorno prima di settembre.
Dopo quasi tre settimane dal nostro primo bacio, iniziai a vedere Carlo in ogni maglietta riempita da spalle grandi, in ogni vampata di profumo di bagnoschiuma e pulito, in ogni risata fragorosa.
La follia del lupo: prima perde la preda e poi ne perde anche le tracce.
Spesso, la sera, mi ritrovai nel parco davanti casa di Carlo. Quante sere pensai di suonare quel campanello e chiedere a quell'uomo di abbracciarmi ancora una volta.
Altre volte cercai di capire cosa stesse facendo Carlo dalla sequenza dell'accensione delle luci in casa, o dai suoni che sentivo provenire dalle finestre aperte.
Carlo mi mancava. Mi mancava come un arto mutilato, come un appiglio ad un naufrago.
Ma non l'avrei mai e poi mai dato a vedere. Mi sarei portato dentro quel dolore senza mostrarne le crepe che causò in me.
Agosto portò con sé un gran numero di turisti che si riversarono nelle strade, sul lungomare e sulla sabbia chiara e fine del litorale adriatico.
I locali poterono vantare una programmazione degna del miglior fine settimana anche nelle serate infrasettimanali, tant'è che un giovedì sera in cui usii con i miei ex colleghi per una bevuta trovammo tutti i locali pieni.
Ci fermammo ad uno stabilimento rimasto agli anni '80, arredato con accostamenti di colori improbabili e specchi ovunque.
I titolari, una coppia sulla settantina dall'accento romagnolo, furono quasi infastiditi di dover unire due tavoli per garantire una tavolata al nostro gruppo.
Poi la titolare, una donna rotondina con una faccia simpatica, capelli cotonati dall'improbabile color rosso fuoco e profonde rughe intorno alle labbra tipiche delle fumatrici; ci chiese cosa avremmo voluto ordinare.
Visto lo stile del locale, decisi di andare sul classico e scelsi un Negroni.
Ripensai alla sera di qualche mese prima, quando Carlo ed io ordinammo un Negroni ed un Sex On the Beach, e lui si finse il mio ragazzo.
Una morsa di nostalgia mi trafisse le stomaco, portando con sé il bisogno di piangere.
Mi concentrai sui discorsi dei colleghi, cercando di non pensare a Carlo. Mi accorsi ben presto, però, che iniziai a cercare Carlo in ogni ragazzo che entrò nel locale, in ogni passante del lungomare.
Dopo un paio di giri di bevute ci salutammo con la promessa che ci saremmo presto rivisti tutti insieme.
Senza alcuna voglia di tornare a casa e con la testa leggera a causa dei Negroni, decisi di camminare un po' in spiaggia prima di riprendere la vecchia Golf bianca e tornare a casa.
Arrivai alla spiaggia e mi diressi alla battigia, controllai che non ci fosse nessuno ed abbassai la zip dei pantaloni. Feci scivolare fuori il mio cazzo moscio, lo scappellai e iniziai a svuotare la vescica in mare.
Lo sgrullai, lo misi a posto e tolsi le scarpe, poi feci qualche passo verso sud per non ammollare i piedi nella mia stessa urina e immersi i piedi nella fresca acqua notturna.
Lo scialaquio placido delle onde cullò i miei pensieri e li affidai a quell'amico silenzioso e palcido che ascolta senza giudicare: il mare.
Mi domandai dove avessi sbagliato, se avessi frainteso le attenzioni di Carlo, se l'interesse fosse in realtà compassione verso la mia situazione di neo disoccupato.
Di tanto in tanto incontrai coppie di adolescenti stesi su qualche lettino intenti ad amarsi di nascosto, un amore che non deve lasciare traccia e che si consuma in fretta.
Feci scivolare una mano nella tasca dei pantaloncini e tirai fuori un pacchetto di sigarette e un accendino. Accesi la sigaretta, aspirai e vidi la punta incandescente della sigaretta brillare, per poi tornare meno intensa ed espirai fuori il fumo.
Camminai per quelle che sembrarono ore, così decisi di tornare sul lungomare per avviarmi alla macchina.
Riaffiorai sul vialone pedonale e inizia a sbattere violentemente i piedi a terra per togliere la sabbia dalle scarpe, per poi incamminarmi verso nord in direzione della vecchia Golf bianca. Sentì una voce profonda e morbida alle mie spalle che disse "Ma buonasera", mi voltai e vidi Antonio che mi regalò uno dei suoi rari sorrisi.
"Buonasera" risposi un po' in imbarazzo. Non ci fu scambio di parola da quell'abbraccio sotto la doccia e fu la prima volta che mi trovai in sua presenza senza Carlo.
Lo studiai, indossava dei pantaloncini corti scuri che arrivavano a mezza coscia, una camicia bianca di lino aperta fino al petto ed inserita nei pantaloni, tenuta ferma da una cintura di cuoio. Le maniche corciate della camicia misero in mostra i suoi avambracci muscolosi e pelosi, mentre la camicia aperta fece risaltare il pelo del suo possente petto e la sua abbronzatura.
Di quell'uomo vidi sempre la versione da palestra, con pantaloncini attillati e canottiere striminzite. Oppure totalmente nudo negli spogliatoi.
Invece, ammisi a me stesso, in quell'occasione notai che era davvero bello.
Scambiammo quattro chiacchere mentre entrambi proseguimmo verso nord.
Scoprii che Antonio era divorziato e che la sua ex moglie fece di tutto per non permettergli di vedere la figlia di sette anni, che presto divenne il bottino di guerra nelle mani della madre.
Quell'uomo che mi sembrò sempre burbero e taciturno, in realtà mi regalò una piacevole serata e la sua voce profonda e morbida intavolò conversazioni educate, stimolanti e molto intelligenti.
Arrivammo alla sua auto, una Range Rover Velar grigia. Antonio estrasse le chiavi da una tasca e fece scattare il pulsante, e con un suono e la luce delle frecce la macchina si aprì.
Si appoggiò alla macchina giocherellando con le chiavi, poggiò una lunga gamba muscolosa alla ruota e mi guardò.
Mi posizionai accanto a lui, inebriandomi del profumo costoso che emanò.
"Vorrei portarti in un posto, ti va?" Mi chiese Antonio aggiungendo subito dopo con una risata "tranquillo non ti violento".
Guardai i suoi occhi verdi e decisi di andare con lui. Salii nella sua auto estremamente ordinata, pulita e profumata.
In auto la radio trasmise il tormentone di quell'estate e riaffiorò alla mia memoria l'immagine di Carlo in pantaloncini verdi e camicia bianca che la ballò in maniera sgraziata ed improbabile all'ingresso del Maracaibo. Per la seconda volta in quella serata la sensazione di morsa alla bocca dello stomaco tipica della nostalgia tornò come un pugno ben assestato, ma la rispedì indietro.
Antonio guidò lontano dalla movida del lungomare e si diresse verso la collina, dove la folla e la musica lasciarono spazio a strade tortuose e al canto dei grilli.
Arrivammo in un parcheggio di fortuna di ghiaia battuta, dove Antonio parcheggiò la macchina e disse "siamo arrivati".
Il buio intorno all'auto fu corposo e spesso come una nebbia, accentuato dalla completa assenza di luna. Mi pentì di aver accettato l'invito di Antonio, ritrovandomi in mezzo al nulla solo con lui, alto molto più di me e muscoloso come un bulldog.
Scendemmo dall'auto e Antonio sussurrò "stai sereno, vedrai che ti piacerà", poi andò al portabagagli e ne estrasse un sacco di stoffa scura.
"Seguimi" disse Antonio allontanandosi dalla strada e camminando su un sentiero che si perse nella radura.
Fui in preda all'agitazione ma non potei fare altro che seguire quell'omone visto che l'unico mezzo di trasporto era il suo e che il telefono era senza campo.
Camminiamo per qualche minuto tra gli alberi, ed alle mie domande su dove ci stessimo dirigendo ricevetti solo risposte vaghe.
Gli alberi iniziarono a diradarsi quando Antonio sussurrò "ancora qualche metro e siamo arrivati". Mi agitai, diversi possibili scenari si presentarono ai miei occhi, uno peggiore dell'altro. Il cuore mi batteva forte e iniziai a tremare, ma non lo diedi a vedere ad Antonio. Tutto volli, tranne che quel maschio immenso capisse il panico in cui mi trovai.
D'un tratto Antonio si fermò e sorridendo disse "Siamo arrivati" fermandosi al centro di una radura, nel bel mezzo del niente. Lo guardai perplesso e aggiunse "Guarda in alto".
Alzai gli occhi e mi fermai ad osservare uno degli spettacoli più belli che avessi mai visto in vita mia: la Via Lattea si estendeva maestosa e silenziosa nel cielo, illuminando l'oscurità mentre milioni di altre stelle a me sconosciute fino a quel momento apparvero a trapuntare il cielo estivo.
Percepì un movimento alle mie spalle e notai che Antonio era intento ad armeggiare con il sacco di stoffa preso dal portabagagli. Lo guardai con sospetto ma scoprii che altro non era che una coperta che adagiò sul terreno e si sdraiò su di essa.
"Non è enrome, ma ci entriamo" disse poi cercando di disporsi lateralmente per lasciarmi spazio.
Mi sdraiai accanto a lui e sentii il calore del suo corpo, mentre entrambi fummo rapiti dallo spettacolo che la natura ci regalò. Antonio mi spiegò come trovare alcune costellazioni, ma io fui più attratto dalla possenza della sue braccia piuttosto che a ciò che il suo dito indicò.
In un momento di silenzio sollevai la schiena e guardai Antonio steso a pancia in su, con gli occhi incantati dal cielo estivo, le grandi gambe pelose e massicce messe una distesa ed una piegata, le braccia dietro alla testa e il grande petto peloso.
Lo guardai e pensai che, nonostante il suo sguardo di ghiaccio, mi aveva sempre trattato molto bene: il ventilatore in palestra, l'abbraccio in doccia, lo spettacolo delle stelle.
Provai un moto di affetto verso quell'uomo che per me, in realtà, era uno sconosciuto.
Lo abbracciai e sussurrai al suo orecchio "anche tu sei molto bello".
Mi guardò, sorrise e mi abbracciò a sua volta.
Poi le nostre labbra si incontrarono.
Non avvertì la magia del bacio con Carlo, ma la passione pervase il mio corpo e iniziai a togliere la camicia dal corpo perfetto di Antonio.
Salí sopra al mio corpo, con tutto il peso e sentii la sua erezione prepotente attraverso la stoffa dei pantaloncini scuri.
Sempre baciandolo e muovendo la lingua dentro la sua bocca, gli sfilai la camicia e sentii il suo petto peloso premere contro il mio corpo.
Antonio si alzò, mi sollevò di peso e mi tolse la maglietta. Mi guardò poi iniziò a baciarmi sul collo mentre con una mano scivolo dentro ai miei pantaloni agguantando una natica e strizzandola nella sua possente mano.
Ansimai di piacere e iniziai a sfiorare i suoi capezzoli turgidi con le dita, mentre i nostri cazzi intrappolati dalla stoffa cozzarono ripetutamente.
Mi abbassai e baciai il petto possente e peloso di Antonio, indugiando sui capezzoli ormai di marmo con la lingua e le dita.
Sentire gemere quel maschio eccitato grazie della mia lingua, mi regalò un'eccitazione maggiore e scesi ancora più giù leccando ogni cm dell'addome peloso di Antonio.
Slacciai la cinta e sbottonai i pantaloni, per stare più comodo e lasciai che il mio sedere fosse visibile al mio amante.
Per un attimo pensai a Carlo, al fatto che stessi avendo un momento di intimità con un uomo che non fosse lui. Provai sia senso di colpa, sia un piacere sadico nel realizzare questa cosa, nell'effimera illusione di poter generare in Carlo anche solo una minuta parte del dolore che fu capace di generare in me.
Ormai in ginocchio davanti al pacco gonfio di Antonio, slacciai la cinta dei pantaloncini scuri e sbottonai il bottone dell'indumento, e avvertì il piacevole solletico dei peli pubici di quel gigante. Che porco, non aveva indosso le mutande!
Tirai giù la zip e un obelisco di carne duro e largo fece capolino a pochi cm dal mio viso. Lo presi in mano, facendo fatica a chiudere la mano introno per la grande circonferenza. Ne ammirai le dimensioni, la durezza e la forma.
Antonio sembrò soddisfatto e chiese "Ti piace eh? Perché non lo assaggi?".
Come in trance obbedii all'istante e iniziai a baciare e leccare tutta l'asta di quel bel cazzo gigante e peloso, studiando il rilievo delle vene e la forma della cappella con la punta della lingua.
Aprii le labbra e feci entrare la cappella di Antonio dentro la mia bocca, bagnandola di saliva e aspirando un po'.
Provai a spingermi oltre scendendo con le labbra lungo quell'asta dura e marmorea, tra i gemiti virili di Antonio.
Arrivai a metà asta e sentii che non sarei riuscito ad andare oltre quando, con una spinta di bacino, Antonio spinse il suo cazzo dentro la mia bocca fino alle palle.
La sensazione fu la stessa del soffocamento, mentre potenti spasmi e conati di vomito percossero il mio corpo.
Ma, invece di ritirarmi, continuai a succhiarlo ancora più avidamente mentre Antonio prese a scoparmi la gola con foga e facendo sbattere le sue grosse palle gonfie contro il mio mento.
Mentre quel'imponente cazzo mi scopò la gola, venni sollevato e messo in piedi, mi trovai faccia a faccia con Antonio che mi baciò con passione per poi staccarsi e dire "hai proprio il sapore del mio cazzo".
Con un solo gesto mi sfilò pantaloncini e mutande, e riprese a baciarmi mentre le sue dita scesero sulle mia natiche e le allargarono. Sentì un suo dito massiccio passare tra le chiappe e soffermarsi sul mio sfintere, premendo e studiandolo avidamente.
Antonio si sdraiò e io feci per mettermi sopra di lui, ma mi bloccó dicendo "no, ora bacio altro" e girò il mio corpo per trovarsi con il mio sedere a portata di bocca.
Ritrovai presto la lingua di Antonio intorno al mio buchino, che sapientemente lo leccò facendomi provare sensazioni di piacere mai scoperte.
All'inizio provai del solletico, ma dopo qualche secondo fu come se il mio culo non avesse aspettato altro da tutto la vita e che finalmente lo avesse avuto. Provai una sensazione di rilassamento ed appagamento mai sperimentate prima, e sembrò che non avrei mai più potuto farne a meno. Da quella posizione potei vedere il cazzo di Antonio fremere e pulsare di eccitazione a pochi cm dalla mia faccia. Lo agguantai con le labbra e iniziammo un doppio sesso orale in cui i nostri corpi si fusero nel piacere.
Antonio alternò lingua e dita all'interno del mio culetto, mentre spingeva sempre più in profondità il suo enrome cazzo dentro la mia bocca.
Fui come in trance, sentivo solo piacere e volevo solo che quel cazzo dentro la mia bocca non ne uscisse mai più.
"Quanto cazzo sei bravo" disse Antonio tra una leccata e l'altra al mio culo, dato che non staccai nemmeno per un attimo le labbra dal suo cazzo gigantesco e largo come una lattina di birra.
D'un tratto tolse le dita dal mio culo, diede un'ultima leccata e mi sollevò di peso, facendomi scivolare di lato e alzandosi.
Si posizionò dietro di me e iniziò a fare strusciare il suo enrome cazzo bagnato della mia saliva tra le mie natiche pelose, bagnate anche loro della sua saliva.
Sentii il piacere e la voglia montarmi in corpo come uno tsunami, sentii che avrei voluto averlo dentro e che avrei voluto essere dominato da lui.
Avvertì la sua cappella turgida e bagnata premere contro i cancelli di carne del mio sfintere ammorbidito dall'abile lingua di Antonio e dalle sue dita.
Provai un doloroso fastidio quando la cappella premette per entrare, così intenso che mi destò dal trance del piacere.
Ricordai che avevo promesso a me stesso che il primo uomo a cui mi sarei concesso sarebbe stato Carlo e cercai di divincolarmi dalla presa di ferro di Antonio.
Fu impossibile, le sue forti mani strinsero ancora di più i miei fianchi mentre sentii il suo cazzo premere forte contro il mio sfintere e allargandolo ancora.
"Me lo fai venire durissimo, guarda qua" disse Antonio muovendosi dietro di me e passando la mano sulla bocca per cacciarne saliva e lubrificare il mio sedere.
Spinse e avvertì un dolore lancinante al buchetto, la sua cappella doveva essere dentro di me.
Cercai ancora di divincolarmi, così Antonio si sdraiò sopra di me tenendo fermo il mio corpo e spingendo sempre il suo grandissimo cazzo dentro di me.
"Cazzo, quanto mi piaci..." Sussurrò al mio orecchio mentre godeva dell'avermi immobilizzato e dello starmi dentro.
"No!" Gridai all'improvviso rotolando di lato.
Antonio si bloccó e mi guardò con aria confusa, cercai di reggere a mia volta il suo sguardo.
Poi un bagliore mai visto prima passò nei suoi occhi, forse per una frazione di secondo, ma sufficiente a farmi capire che non si sarebbe accontentato. Si alzò e disse "Ah non lo vuoi in culo eh? Allora dovrai darmi altro" e si posizionò di nuovo con il cazzo davanti alla mia faccia, mi prese la testa tra le sue possenti mani e passò la cappella umida contro le mie labbra.
Sentire di nuovo la possenza del suo cazzo sulla labbra mi rispedì nel trance del piacere e aprii subito la bocca facendovi sparire dentro la cappella di Antonio.
"Ti piace succhiarlo eh? Hai visto come me lo fai diventare grosso?" disse il possente omone iniziando a muoversi dentro di me e scopandomi la bocca. Poggiai le mani sulle sue cosce di acciaio e pelose, mentre le sue grandi palle sbatterono ripetutamente contro il mio mento.
Antonio portò indietro la testa per il piacere e continuò a spingere il suo gigantesco uccello dentro la mia gola ormai completamente dolorante e forza di essere violentata a quel modo.
Feci scendere le mani lungo le sue cosce pelose e le portai sui polpacci grandi e forti che riempirono le mie mani, cominciando a grondare umore dal cazzo durissimo per la forte eccitazione che provai.
Antonio diventò una macchina da guerra del sesso. Le sue possenti gambe spinsero il suo corpo a ritmo sostenuto e il suo enrome cazzo duro entrò ed uscì dalle mie labbra a velocità ormai incontrollata mentre il suo respiro divenne sempre più affannoso e scostante, intervallato da gemiti di piacere.
"Cazzo, così ci vengo" disse aumentando ulteriormente il ritmo e tenendo la mia testa fissa con le mani. Sentii la sua cappella gonfia pulsare dentro nella mia bocca e conati di vomito arrivare dal profondo del mio stomaco, ma una parte di me voleva che quel cazzo non abbandonasse mai la mia gola.
Rivoli di saliva uscirono dalla mia bocca colando dal mento e sulla coperta a quadri quando Antonio urlò tutto il suo piacere nella notte e venne copiosamente dentro la mia bocca in due getti di generoso seme, per poi uscire e produrre altrettanti getti sul mio viso e sul mio petto.
Il sapore era completamente diverso da quello di Carlo, ma inebriante ugualmente. Ne presi una generosa quantità dal mio petto e la usai per lubrificare il mio cazzo durissimo, che smanettai qualche secondo prima di schizzare anch'io sulla coperta di Antonio.
Mi sentii completamente svuotato, mentre Antonio cadde in ginocchio e con il fiatone davanti a me e mi sorrise stravolto.
Ci guardammo e sorridemmo, entrambi stanchi ed appagati.
Antonio si sdraiò sulla coperta con una mano sul petto e una gamba piegata, guardando il cielo con il fiatone e dicendo "cazzo, che sborrata!"
Anche io, coperto di sperma, mi sdraiai e guardai la Via Lattea. Restammo ancora una mezz'ora, o forse diverse ore, nudi sdraiati a guardare il cielo nel buio della notte.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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